Fotovoltaico autopulente, la svolta del MIT
Un passo avanti significativo per la pulizia dei pannelli solari grazie al MIT: ecco lo studio per avere un impianto fotovoltaico autopulente grazie a tecnologie avanzate con una comparazione con il metodo tedesco del Fraunhofer IWS per contrastare il solling.

Un impianto fotovoltaico è una vera e propria manna per quanto riguarda l’efficienza energetica e il risparmio in bolletta. Quando si parla di pannelli solari, la cosa diventa molto seria. Molte ditte stanno sviluppando tecnologie all’avanguardia per poter rendere l’impianto durevole ed efficiente al massimo.
E molte aziende stanno cercando soluzioni per quanto riguarda il solling. Si tratta della contaminazione da polvere, foglie, detriti, escrementi di uccelli che provoca un calo, anche drastico, dell’efficienza energetica. Il sogno sarebbero pannelli solari autopulenti per eliminare per sempre la necessità di interventi manuali.
Essendo sui tetti infatti, il costo maggiore è dato dai macchinari usati per accedervi in totale sicurezza per le persone. Per privati e aziende diventerebbe più facile prevedere i costi a lungo termine in fatto di fotovoltaico, oltre che i vantaggi.
Un aiuto in questo senso lo offre il MIT, con un sistema innovativo che addirittura è senza acqua. Anche il Fraunhofer IWS in Germania ha sviluppato un metodo innovativo per l’autopulizia dei pannelli solari che vale la pena di essere divulgato.
Pannelli solari autopulenti con l’elettrostatica

Iniziamo con il MIT. I ricercatori hanno sviluppato una sorta di sistema contactless favorito dalla repulsione elettrostatica. In pratica, polvere e particelle estranee “saltano via” dalla superficie dei pannelli grazie solo a una reazione di questo genere. Merito di un elettrodo che scorre sopra la superficie e che carica queste particelle, respingendole.
La scarica elettrostatica non si carica certo da sola. Questa si attiva in autonomia grazie a un piccolo motore elettrico. E a conti fatti, per chi ci tiene all’ecologia e sostenibilità, l’energia prodotta per alimentare il motore è molto bassa rispetto a quella sprecata per la pulizia approfondita dell’impianto.
Contando che non si sprecherebbero acqua e detergenti. Insomma, il metodo della carica per induzione provoca il distacco delle particelle. Più alta sarà la tensione, più particelle di sporco e detriti si staccheranno. Ovviamente, la forza sarà comunque calibrata per evitare danneggiamenti della protezione delle celle solari.
Pannelli solari autopulenti: scarica elettrostatica vs DLIP
Diverso l’approccio del metodo tedesco, ovvero quello sviluppato dal Fraunhofer IWS con la tecnologia DLIP, acronimo di Direct Laser Interference Patterning. Se il MIT conta sull’elettricità statica, i pannelli solari del metodo tedesco avranno proprietà ultra-idrofobiche.
Pulendosi in maniera selettiva e senza l’uso di acqua. In pratica, al superficie attira l’acqua e la trasforma in una specie di condensa, che però scivola via subito senza stazionare sul pannello. Portandosi via detriti e polvere. E formando di fatto una barriera anti ghiaccio e neve, in quanto il calore che attira più le proprietà idrorepellenti dall’altra renderebbero la superficie ostile a questi due elementi.
I due metodi non influirebbero sulle prestazioni dei pannelli solari, di fatto diventati autopulenti. Inoltre, i due metodi potrebbero trovare sviluppo anche in altri campi. Ad esempio, una soluzione elettrostatica sarebbe davvero ottimale per la pulizia di vetri ed edifici (soprattutto ad altezze vertiginose) come specchi astronomici, telescopi e apparecchiature elettroniche sensibili.
O per stare in ambito casalingo, per la pulizia di tapparelle di solito difficili da pulire o per non usare i metodi tradizionali, oppure nei condomini in cui ci sono dei lucernari o delle finestre oblique difficili da sterilizzare perfettamente.
Come la tecnologia DLIP potrebbe trovare collocazione per creare una barriera anti-ghiaccio sugli aerei e altri velivoli o veicoli, per non avere mai più necessità di sbrinamento. Quanto è noioso d’inverno entrare in auto e vedere sul parabrezza la patina di ghiaccio?