Allarme case green, perché all’Italia serve più tempo?
Sono diverse le associazioni che, negli ultimi giorni, si sono espresse in merito alla cosiddetta Direttiva per le case green. Un provvedimento pensato a livello europeo per migliorare la classe energetica degli edifici e favorire minori consumi ed inquinamento. Ma in Italia è allarme: per quale motivo?

La Direttiva UE sulle case green sta seminando non poco panico in Italia dove i proprietari di case sono allarmati dai costi e dai tempi concessi per adeguarsi al nuovo provvedimento. Entro il 2030 ed il 2033, in definitiva, gli edifici residenziali dovranno trovarsi dapprima in classe E e poi in classe D. Un salto di almeno due classi in termini di classi energetiche che andrebbe a riguardare un numero spropositato di immobili in considerazione della composizione del parco immobiliare italiano.
Ecco che gli appelli più accorati riguardano, in queste ore, un auspicato prolungamento dei termini per l’adeguamento. Impossibile, in Italia, raggiungere gli obiettivi fissati dalla direttiva per la quale, comunque, si ricorda che si attendono diverse modifiche in tempi anche abbastanza brevi. Quali sono, intanto, i motivi che spingono le associazioni a richiedere una deroga speciale per il Bel Paese? Esistono fattori storici, ambientali ed economici che vale indubbiamente la pena sottolineare.
Direttiva case green: perché in Italia è impossibile adeguarsi entro il 2033?

Sono circa 9 milioni, in base alle stime più recenti, gli immobili che andrebbero sottoposti a ristrutturazione per adeguardi alla Direttiva UE sulle case green. Un numero davvero elevatissimo che sta alla base dell’impossibilità, per l’Italia, di raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi (entro il 2033). L’Italia chiede una deroga speciale e per farlo porta avanti alcune teorie in base a cui il patrimonio di edifici nazionale sarebbe ben diverso da quello che contraddistingue, ad esempio, i Paesi del Nord Europa.
Proprio in Italia si trovano moltissimi edifici storicamente importanti o di interesse architettonico da salvaguardare anche se, in questo caso, sarebbero comunque previste delle deroghe. Anche gli impatti ambientali dell’Italia, rispetto ad altri Paesi del mondo, sono davvero molto bassi. Questo vale specie se si considera come alcune aree del mondo (come Cina, USA, Russia e India producono da soli circa il 60% dell’inquinamento mondiale). Questo toglierebbe il carattere di “premura” di applicazione della direttiva rispetto ad altri contesti europei e non.
Economicamente, poi, gli impatti degli adeguamenti alla Direttiva UE sulle case green sarebbe devastante sulle famiglie. In base agli ultimi calcoli effettuati, pare che i costi sarebbero compresi tra 30.000 e 60.000 € per famiglia con una spesa che potrebbe arrivare a superare i 100 miliardi di euro. Ci sono, poi, diversi immobili che, a seconda del luogo in cui si trovano, hanno un valore inferiore rispetto al costo necessario per il loro adeguamento. Che si rischi, quindi, una svalorizzazione ulteriore del patrimonio italiano? O che si sia in procinto, peggio ancora, di assistere ad un incremento degli abbandoni immobiliari?
Qual è la posizione delle banche sulla Direttiva UE case green
Per ultimo merita un accenno la posizione delle banche rispetto a quello che è il testo della nuova Direttiva per le case green e, in generale, rispetto all’obbligo di efficientamento energetico degli edifici meno efficienti. Gli istituti bancari sembrano dire un secco no, almeno per il momento, ai finanziamenti concessi per acquistare case appartenenti ad una classe energetica elevata. Il motivo? Presto detto: tali immobili non potrebbero essere usati come valida garanzia data la svalutazione a cui andrebbero incontro se fosse confermato l’obbligo di adeguamento (ecco il nostro aggiornamento sugli edifici attualmente esenti).